Gli stati affettivi - cioè, le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo (cioè, l’umore): alla base di ognuno di essi si ritrovano biomolecole dedicate che consentono di assumere atteggiamenti e comportamenti peculiari. Tutto ciò permette l’espressione, l’espansione e la perpetuazione dell’esistenza. La scienza corrente ritiene che i sentimenti siano un prodotto elaborato dalla razionalità sullo stato emozionale, ovvero i sentimenti sono il risultato del giudizio sulle emozioni.
Un’emozione suscita sempre una manifestazione somatica: si tratta, infatti, della reazione neurochimica, sostenuta da specifiche proteine - i neuropeptidi oppiodi (beta-endorfina, encefaline e altri) - che connette la mente con il corpo e che consegna alla mente razionale il compito di assumere una decisione congruente con quanto stabilito dalla risposta emozionale allo stimolo ricevuto
Il ricorso alla biochimica ci permette, innanzitutto, di distinguere nettamente l’innamoramento dall’amore. L’innamoramento è uno stato circoscritto nel tempo che comporta modificazioni dello status biochimico di varie classi di biomolecole (in parte sovrapponibili a quelle tipiche delle condizioni di stress), funzionale alla riproduzione. L’innamoramento è uno stato caratterizzato da un aumento delle prestazioni psicofisiche e da un senso di esaltazione tempestosa ed euforica al tempo stesso logorante e gratificante.
Le dimensioni della seduzione e dell’erotismo caratterizzano imprescindibilmente e strenuamente l’innamoramento. Sia il quadro delle catecolammine (adrenalina, dopamina, ecc.) che quello degli steroidi (estrogeni, androgeni, ecc.) è funzionalmente alterato per predisporre l’attrazione, l’interesse erotico, l’interazione e, quindi, la riproduzione. Il senso di piacere euforico assicurato dalla dopamina porta a cercare ossessivamente la persona di cui si è innamorati per ripetere l’esperienza e assicurarsi il rinnovo delle sensazioni gratificanti.
Quella dell’amore è una dimensione nettamente più vasta, multiforme e multifunzionale rispetto a quella dell’innamoramento. Dal punto di vista biochimico, le molecole fondamentali che distinguono la tempesta temporanea dell’innamoramento dalla stabilità potenzialmente duratura dell’amore sono polipeptidi ormonali(ancora neuropeptidi) prodotti dall'ipotalamo e secreti dall'ipofisi posteriore, l’ossitocina e la vasopressina. Vari studi attribuiscono a queste biomolecole dei ruoli importanti nella determinazione del legame di coppia e della fedeltà. Entrambe le biomolecole assumono svariati ruoli metabolici scientificamente documentati e funzionali all’adattamento del corpo a importanti esigenze psicosociali.
L'ossitocina è l'ormone che regola le modificazioni fisiologiche che risultano funzionali al parto e all'allattamento. Aumenta la sensibilità alle carezze - è anche noto come ormone delle coccole, che ne indica il ruolo essenziale a fine attività sessuale - e spinge all'abbraccio e al contatto cutaneo favorendo l'attaccamento madre-figlio nonché la formazione di coppie stabili. Tende a ridurre il consolidamento dei ricordi e a limitare la rievocazione delle tracce mnestiche, quindi depotenzia la memoria. L'ossitocina ha un ruolo fondamentale nelle situazioni dell'attaccamento e della perdita: infatti, viene rilasciata a seguito di stimoli di tipo sociale. È accertato che essa attenua la reazione alla separazione in ambito sociale. In alcuni studi sono state riscontrate delle correlazioni tra l’ossitocina e i comportamenti patologicamente ripetitivi e si è registrata una significativa riduzione di tali eventi in soggetti a cui era stata infusa ossitocina.
La vasopressina è l’ormone antidiuretico: si tratta, cioè, di una sostanza che induce il trattenimento dei liquidi all’interno del corpo. Interviene, infatti, sull’omeostasi regolando i livelli dei liquidi nel corpo e, di conseguenza, la pressione arteriosa. Rispetto alla finalità biologica del successo riproduttivo la vasopressina contribuisce a mantenere il legame del maschio con la femmina, stimola l’aggressività maschio-maschio verso i potenziali rivali e l’istinto paterno. Si ipotizza che contribuisca a mantenere il legame maschio-femmina all’inizio dell’attività sessuale (che è una fase a forte contenuto erotico). Nella femmina la vasopressina contribuisce all’appagamento della neomamma mentre ne accentua il carattere protettivo, ciò che fa sempre riferimento a forme di aggressività verso eventuali malintenzionati verso la prole. La vasopressina, quindi, connota la biochimica verso il comportamento di possesso permettendo la protezione e inducendo aggressività verso l’estraneo intenzionato a disturbare i delicati equilibri del successo riproduttivo dal concepimento alla difesa della prole fragile. Un aumento della sua concentrazione ematica è stato correlato con un comportamento aggressivo, tipico della gelosia: ciò non stupisce se si pensa che la riduzione della diuresi comporta un aumento della pressione sanguigna e, quindi, uno stato di allerta che predispone a forme di aggressività. Al contrario dell’ossitocina, potenzia la memoria.
L'ossitocina e la vasopressina facilitano l'attaccamento sessuale, nel senso che l'acquisizione e l’accettazione dell'ordine proprio di relazioni monogame stabili e durature sono mediazioni biochimiche importanti operate da questi ormoni peptidici. Livelli alterati di queste sostanze sembrano causare fenomeni diversi che possono determinare stati psichici alterati e comportamenti patologici anche gravi:
i) carenza di ossitocina: disaffettività e angoscia,
ii) carenza di vasopressina: tendenza all’infedeltà,
iii) eccesso di vasopressina: gelosia e possessività.
ii) carenza di vasopressina: tendenza all’infedeltà,
iii) eccesso di vasopressina: gelosia e possessività.
L’eccesso di ossitocina è una condizione prettamente legata a eventi episodici quali il parto, l’allattamento e l’orgasmo sessuale. In piena coerenza con gli assunti delle neuroscienze, Gabriel Josè Garcia Marquez scrive «Il fatto che una persona non ti ami come tu vorresti non significa che non ti ami con tutta se stessa», riconducendo correttamente il fraintendimento o l’attrito amoroso al conflitto tra credenze individuali sull’amore costruite da ognuno nel tempo. L’amore, del resto, è anche codificato come uno dei bisogni umani ed è, pertanto, intriso e, talora, contaminato, da interessi e dipendenze (spesso inconsci) che ne sviliscono l’autentica natura luminosa e disinteressata.
Si comprende facilmente come ogni componente dello stato affettivo possa influenzare la salute: le biomolecole che abilitano le emozioni e i sentimenti sono neuromodulatori e neurormoni capaci di influenzare la risposta immunitaria (grazie a recettori dei linfociti per i neuropeptidi) e neurotrasmettitoriale e, di conseguenza, l’umore nonché la risposta agli stressor e agli agenti patogeni.
Raggiungere un soddisfacente stato di benessere psicofisico implica necessariamente armonizzare il proprio corredo molecolare neurormonale indirizzandolo verso cocktail produttivi (cioè, orientati verso la gioia e il piacere) e disinteressati di affettività verso se stessi e verso il resto del mondo.
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